Le infezioni urinarie recidivanti rappresentano un problema notevolmente diffuso e di non facile risoluzione. Nelle donne si manifestano tipicamente come cistiti (infezioni della vescica), nell’uomo più frequentemente come prostatiti. Molto spesso queste infezioni sono sostenute da batteri di origine intestinale, come Escherichia Coli, Proteus Mirabilis e Klebsiella Pneumoniae. In determinate situazioni e con meccanismi ancora non del tutto chiariti questi germi riescono a raggiungere le vie urinarie (un ambiente sterile in condizioni normali) dove sono in grado di diffondersi e instaurare il processo infiammatorio alla base della comparsa dei disturbi clinici.
La terapia del singolo episodio, anche in presenza di quadri clinici acuti ed eclatanti, è solitamente facile ed efficace, ed è basata essenzialmente sull’uso degli antibiotici.
Purtroppo in alcune persone questi episodi tendono a ripetersi nel tempo; si parla in questi casi di infezioni urinarie recidivanti (o ricorrenti). La gestione di questi pazienti è decisamente più complicata: l’uso degli antibiotici deve essere ridotto al minimo per evitare gli effetti collaterali e soprattutto l’insorgenza di resistenze batteriche alla terapie; in queste situazioni diventa fondamentale, più della terapia stessa, la prevenzione della recidiva dell’infezione.
La prevenzione delle infezioni recidivanti si basa innanzi tutto su alcune norme comportamentali e sullo stile di vita, in particolare per quello che riguarda un’adeguata idratazione, la cura dell’alvo e dell’igiene personale.
Nel tempo sono stati inoltre utilizzati molteplici rimedi farmacologici, la cui efficacia è risultata spesso parziale e non costante. Sono state impiegate soprattutto sostanze in grado di agire direttamente sull’ambiente urinario con lo scopo di ostacolare la colonizzazione batterica.
Alcune di queste agiscono modificando il pH urinario; a seconda del tipo di batterio responsabile dell’infezione, l’utilizzo di agenti acidificanti o alcanizzanti può contribuire a rendere “inospitale” l’ambiente vescicale per lo sviluppo dei germi.
Altri prodotti hanno invece un’azione mirata ad impedire l’adesione dei batteri all’epitelio delle vie urinarie; tra questi uno dei più utilizzati è il D-mannosio, uno zucchero semplice scarsamente assorbito dall’organismo ed eliminato prevalentemente nelle urine. Il mannosio è in grado di legarsi alle appendici filamentose di alcuni batteri (come E. coli), rendendoli in questo modo incapaci di aderire alle pareti delle vie urinarie. Esistono poi rimedi volti a potenziare e a ripristinare l’integrità dell’epitelio urinario, come l’associazione di acido ialuronico e controitin-solfato. In questo modo si cerca di rendere più efficaci le difese locali contro la penetrazione dei batteri.
Infine vengono spesso utilizzate un’infinità di sostanze naturali con meccanismo d’azione ed efficacia variabile a seconda dei casi. Tra queste le più impiegate sono il mirtillo rosso, l’uva ursina, la quercitina, la curcumina, l’echinacea, la serenoa, l’ibiscus, la boswellia, la bromelina. Nessuno di questi rimedi, utilizzato singolarmente, ha permesso di risolvere in maniera completa il problema delle recidive infettive ma recenti studi evidenziano come il loro uso mirato può essere potenziato con la concomitante assunzione di particolari probiotici costituiti da batteri vivi. In particolare uno specifico probiotico appartenente a un sottotipo non patogeno di Escherichia Coli risulta una valida soluzione per la prevenzione delle infezioni urinarie recidivanti. Questo particolare ceppo batterico fu isolato per la prima volta nel 1917 da Alfred Nissle e prende pertanto il nome di “Escherichia coli NIssle 1917”. Nonostante appartenga ad una famiglia di batteri che normalmente siamo abituati a conoscere come patogeni, Escherichia coli Nissle 1917 è al contrario un colonizzatore naturale dell’intestino dalle spiccate proprietà salutari essendo in grado di colonizzare efficacemente anche le porzioni più distali del colon, dove svolge attività antinfiammatoria, antibatterica ed immunostimolante.
L’utilizzo principale di questo probiotico è previsto nella terapia delle infezioni gastrointestinali e soprattutto delle malattie infiammatorie intestinali come la colite ulcerosa e il morbo di Crohn. Tuttavia, proprio perché la maggior parte dei batteri in grado di causare cistiti e prostatiti proviene dall’intestino, è stato usato con successo anche nella prevenzione delle infezioni urinarie recidivanti. In pratica questi batteri non patogeni sono dotati di spiccate capacità di adesione e colonizzazione: a livello del colon un elevato numero di Escherichia coli Nissle ha un effetto stimolatorio sul sistema immunitario locale e, soprattutto, determina per competizione il calo del numero dei germi patogeni capaci di indurre le infezioni. Il meccanismo d’azione di questo probiotico è pertanto completamente diverso da quello di tutti gli altri prodotti utilizzati nella prevenzione delle infezioni urinarie. Esso non ha alcuna azione diretta sull’ambiente urinario ma agisce esclusivamente a livello della flora batterica instestinale, agendo direttamente sulla causa dell’infezione. Il suo utilizzo nella prevenzione delle infezioni urinarie è molto recente e i dati sulla reale efficacia sono ancora parziali. Le esperienze ottenute in altri paesi dove viene utilizzato da più tempo sono estremamente incoraggianti.
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