Negli ultimi tempi si parla spesso dell’integratore lattoferrina in relazione all’infezione COVID-19. Molti medici di famiglia la stanno prescrivendo contro il coronavirus con una tale frequenza che le farmacie spesso non riescono a reperirla a causa delle numerose richieste. La lattoferrina è una proteina presente nel latte, non solo quello umano, nella saliva e nelle lacrime. Questa molecola è una buona riserva di ferro e contribuisce al funzionamento del sistema immunitario contro alcuni tipi di batteri esterni, svolgendo quindi un’azione antimicrobica, tanto che ha un ruolo nel proteggere i neonati dalle infezioni gastrointestinali. L’interesse verso il coronavirus è nato in seguito a un articolo pubblicato lo scorso luglio 2020 sulla rivista International Journal of Molecular Sciences da un team dell’Università Tor Vergata. I ricercatori italiani hanno poi avviato un trial clinico che mostra alcuni benefici della lattoferrina nel prevenire e contrastare il coronavirus, ma qualche scienziato solleva dei dubbi e gli stessi autori ricordano che sono necessari ulteriori approfondimenti visti alcuni limiti dello studio. Lo studio guidato da Elena Campione, ordinaria di dermatologia presso l’Università di Tor Vergata, ha coinvolto 32 pazienti con COVID-19 di età media pari a 55 anni, di cui 10 asintomatici e 22 con sintomi lievi o moderati. I sintomi erano per lo più stanchezza, dolori articolari e tosse. Altri 32 volontari sani negativi a SARS-CoV-2 sono stati assegnati a un gruppo di controllo che non riceveva alcun tipo di trattamento. I ricercatori hanno studiato l’azione della lattoferrina in vivo sui pazienti e in vitro, nonché con simulazioni al computer. I risultati mostrano la remissione dei sintomi entro un periodo di 15 giorni per alcuni partecipanti e di 30 giorni per la quasi totalità delle persone. Inoltre, si registra la negativizzazione dei tamponi di tutti i pazienti. Le prove in vitro hanno permesso di rilevare che la lattoferrina ostacola le interazioni iniziali fra il virus e la cellula, quelle in cui è coinvolta la proteina Spike e il recettore Ace2 e dunque potrebbe avere effettivamente un ruolo protettivo. Gli autori pertanto scrivono nel testo che anche se il meccanismo d’azione deve essere ancora esplorato le proprietà antivirali della lattoferrina possono essere estese anche a SARS-CoV-2. A fronte del crescente consumo della lattoferrina da parte di medici e pazienti, tre epidemiologi dell’Asl Roma 1 espongono le loro perplessità in una lettera al direttore su Quotidiano sanità. I loro dubbi riguardano sia il ricorso a una sostanza per cui a oggi non ci sono prove adeguate o un’indicazione specifica contro il COVID-19 sia perché lo studio presenta numerose limitazioni. In effetti sono gli stessi autori della ricerca a sottolineare nel testo della pubblicazione che la ricerca ha dei limiti come ad esempio il fatto che è condotto soltanto su 32 pazienti e che si rendono necessari ulteriori approfondimenti. Ed è proprio uno degli autori dello studio, Stefano di Girolamo, responsabile dell’unità di otorinolaringoiatria del policlinico Tor Vergata e firmatario dello studio che intervistato dal quotidiano Il Messaggero, ha affermato: “Dal punto di vista clinico i risultati finora sono molto incoraggianti, ma abbiamo bisogno di continuare per avere dei dati statistici ed evidenze ulteriori”. Infine di Girolamo sostiene che la lattoferrina “è una sostanza che facilita l’azione immunologica, da sola non può sconfiggere il virus, ma è capace di rendergli l’ambiente meno ospitale”. Non ci resta quindi che aspettare ulteriori approfondimenti consapevoli che per ora le prove scientifiche non sono ancora sufficienti a supportare le ipotesi proposte dalla ricerca romana.